Passa ai contenuti principali

ARCHETIPI DEL GRANDE NORD NELLA TERRA DEGLI IPERBOREI / archetypes of the great north in the land of the hyperboreans.


 "Iperborei siamo - sappiamo bene di vivere al margine. 'Né per mare o per terra troverai il cammino che porta agli Iperborei', già recitava Pindaro di noi. Oltre il Nord, oltre il ghiaccio, oltre la morte- la vita nostra, la felicità nostra…”

F.Nietzche, L’Anticristo.


Spesso mi sento a casa anche in luoghi lontani, lontanissimi. Mi accade sopratutto grazie alla mediazione di oggetti che non conosco ma riconosco. Iniziare a frequentare il Grande Nord per comprendere gli oggetti Nanai, Ostyak e Inuit nei quali sono incappato, ha consolidato questa sensazione. Pur essendone distanti  nei luoghi di creazione e di uso, essi sono sorprendentemente in sintonia con i mondi creativi africani ed oceanici che frequento da decenni. E’ un ulteriore esempio di come la nostra bussola funzioni, orientata sul fatto che pensiamo immagini, e non parole, che questo dato neuro fisiologico prima che culturale dia un senso compiuto alla ricerca di quella evidenza archetipica che cerco nei linguaggi dell’arte, e nel loro essere  evocativi di stati di coscienza.

Mi aiuta una attitudine a curiosare l’ignoto, avere contatti diretti con una certa Archeologia, quella delle incisioni rupestri narrate da Emmanuel Anati e quella suggestiva, potente e spiazzante di Gobekli Tepe, il sito scoperto dal compianto Klaus Schimdt. Mi aiuta l’ignoto vicino, anzi vicinissimo: il Castellermo, Montagna Sacra dei Liguri, così a portata di mano e così ancora sconosciuta, tra il Monte Bego e le Statue Stele della Lunigiana. E con Sofo penso che “la vera archeologia è quella che non si limita ad un lavoro da beccamorti o da topi di museo, ma sa scoprire anche i simboli, le idee, i significati, ossia resuscitare l’anima dell’antichità”.

Fu intorno a questa felice intuizione, coeva alla Gestaltpsychologie che nasceva in quegli anni e ben precedente alla scoperta della Genetica del Linguaggio,  dei Neuroni Specchio e della Neuroestetica che Angelo Saglietto, Ligure di Ponente , ribattezzato Sofo da un altro Ligure Ponentino - Giovanni Boine -  costruì un lavoro intelligente, profetico, tenace ed inesorabilmente osteggiato dalla dittatura della mediocrità imperante anche in quei tempi. 

Mi rendo conto che pensare al Mito come alla Reliquia della Storia faccia storcere il naso a chi ha bisogno di certezze per tirare a campare, ma è navigando in mare aperto che si scoprono nuovi mondi. Mi rendo conto che mescolare Nietzche, Jung  e Guenon con le neuroscienze,  la linguistica,  l’ antropologia e l’archeologia  risulti bizzarro e forse pericoloso, ma è certamente stimolante.

E’ in questa ottica, davanti alle opere provenienti dal Grande Nord, che ho letto “La caverna Bertran, miti e simboli dei liguri preistorici” a cura di Ito Roscigni, introdotto da Marco Vannini. ( lo Studiolo, 2021) . Gli Antichi  Liguri sono già nel  nome i “ Signori  del Mare “ ( da Llig-Guor = “colui che domina il mare” o “”salvato dalle acque” secondo l’antica lingua basca e ligure per cui la radice hour significa acque e lagan corrisponde ad aiutare, salvare ) ?  Sono arrivati in Europa dal Grande Nord dopo l’inabissamento del loro  mondo ( Iperborea ? ), unici scampati di una grande glaciazione, portando con loro   il culto del Sole, misurandosi e contaminandosi con le grandi migrazioni provenienti dall’Africa e con le loro culture? Gli Iperborei esistono certamente nelle narrazioni Mitologiche : Erodoto ne parla riprendendo testi ancora più antichi, e il mito di una terra accogliente collocata nell’aera Siberiana allora fertile, abitata da un popolo altamente evoluti, attraversa la storia fino all’epoca dei Lumi: Jean Sylvain Bailly, letterato ed astronomo francese, giunse ad ipotizzare una Atlantide Iperborea nei pressi della Siberia,  culla della civiltà (Lettres sur l'Atlantide de Platon -1779- e l′Essai sur les fables et sur leur histoire -postumo, 1798-). Nel Novecento ad incardinare le origini del popolo Ligure sul  mito di Iperborea sono  Poeti e Letterati appassionati di memoria antica, che rileggono scoperte archeologiche e fatti storici in una luce nuova. Non è un caso. Sono spesso i Poeti a reagire nel modo più istintivo ed efficace a quella angoscia delle nazioni di cui parlava T. S.Eliot, che è l’angoscia di chi  percepisce un mondo che muore.  Anche nella  tradizione popolare delle montagna liguri si trovano tracce suggestive; Gli “Ommi da Faija”, celebrati a Mendatica (https://giulianoarnaldi.blogspot.com/2021/12/lommu-da-faija-aspetta-la-luna.html )  ne sono esempio illuminante. Forse i “giganti” erculei che abitavano la foresta alta erano uomini provenienti dal Grande Nord…. Certamente tanti dati emersi dagli studi  sui Ligures indicano la presenza  di elementi culturali provenienti dal Grande Nord, e sappiamo che prima delle glaciazioni quelle terre erano  abitabili ed accoglienti. Sappiamo che in ogni cultura antica del mondo si narra di giganteschi eventi catastrofici che oggi definiremmo Tsunami, presumibilmente prodotti da impatti di comete o altre masse stellari importanti , curiosamente collocati nello stesso periodo temporale: intorno a circa 12.400 anni fa. Certo bisogna cambiare punto di vista, smettere di pensare alla storia dell’uomo in termini evoluzionistici e considerare  l’esistenza perfettamente legittima e scientificamente fondata di antiche civiltà evolute antecedenti alla Rivoluzione neolitica. Così si spiegano Gobekli Tepe e gli altri siti presenti in quell’area, tutti testimoni di una medesima esperienza culturale: pensate a Karahan Tepe, ( che visitai nove anni fa tra i primi grazie alle indicazioni del  compianto amico Klaus Schimdt e di Roberto Maggi )  https://www.youtube.com/watch?v=FAGttlKBcx4, oggi emersa con tutto lo splendore del mistero evocato dalla sua stessa struttura grazie ad un importante lavoro di scavo. Si spiegano in modo limpido tanti altri siti apparentemente misteriosi, oggetto di rimozione o di fantasiose interpretazioni, quali ad esempio Gunung Padang, la “Montagna di Luce” Indonesiana. Serve il coraggio di prendere atto del fatto che non esiste un solo sapere -il nostro, costruito sulla esasperazione tecnologica a sua volta incardinata sull’avere più che sull’essere - ma una moltitudine di saperi, caratterizzati dal valore aggiunto della potenzialità  intellettiva dell’essere umano. Serve il coraggio  di sentirsi parte di un grande Mistero nel quale siamo chiamati a  vivere, serve provare  a com/prenderlo e non a possederlo o a ignorarlo. Tornando a La caverna Bertran, miti e simboli dei liguri preistorici” a cura di Ito Roscigni, fonte preziosa ed illuminante, si può ben dire che il Mito è il tessuto «steso tra Dio e l'uomo per consentire una comunicazione tra loro». E se il nome di Dio non piace, sostituitelo con Mistero della Vita, definizione oggettiva.  Ecco il senso dell’insieme di eventi organizzati sotto il titolo  “ Archetipi dal Grande Nord nella terra degli Iperborei” : mi piace pensare che gli Iperborei siamo noi Liguri; spero che sia una provocazione utile per vedere sia noi, sia gli altri - anzi Noi/Altri! - da un altro punto di vista. E le opere esposte hanno un che di familiare per chi ha almeno memoria recente della semplicità creativa e profonda che può scaturire da un pezzo di legno lavorato con un semplice attrezzo. Anche il dialogo con l’opera di Asger Jorn presente in questa esposizione in qualche modo ci appartiene, e funziona da collettore tra mondi apparentemente diversi: il grande Artista Danese fu appassionato custode delle culture tradizionali del Grande Nord, curò una delle più autorevoli pubblicazioni riferite a quei linguaggi ( Sami Folk Art, 2005 ) facendo parlare  le fotografie degli oggetti con la stessa potenza evocativa che caratterizza il suo lavoro artistico. E fu in questo lembo di terra, tra Albisola e Cosio d’Arroscia, che creò Situazioni ancora oggi indelebili.

E’ storia ligure, storia di Noi, Altri.





GLI OGGETTI ESPOSTI 

https://www.flickr.com/photos/tribaleglobale/albums/72177720302565414 


«Da fanciulli, se una veduta, una campagna, una pittura, un suono etc. un racconto, una descrizione, una favola, un'immagine poetica, un sogno, ci piace e diletta, quel piacere e quel diletto è sempre vago e indefinito: l'idea che ci desta è sempre indeterminata e senza limiti: ogni consolazione, ogni piacere, ogni aspettativa, ogni disegno, illusione ec. (quasi ogni concezione) di quell'età tien sempre all’infinito: e ci pasce e ci riempie l'anima indicibilmente, anche mediante i minimi oggetti» 

(Giacomo Leopardi, Zibaldone, 16 gennaio 1821).


Le opere raccolte sotto il titolo “Archetipi dal Grande Nord” provengono prevalentemente dalla Galleria Tischenko di Helsinki, punto di riferimento sicuro per comprendere opere d’arte rare e sconosciute, e da vendite pubbliche internazionali. La figura umana è evocata in modo semplice e geniale, mediante  pochi elementi che ne caratterizzano  la funzione : testa e corpo sono appena abbozzati, a volte gli occhi sono posti al contrario dei piedi, presumibilmente  ad indicare la necessità di uno sguardo che comprenda punti di vista antitetici tra loro,; è il punto di vista necessario nel viaggio perenne tra Mondo degli Inferi e Mondo del Cielo. Il taglio dei piedi propone una postura che non è eretta, ma obliqua, ascendente o discendente: si deve potere vedere ciò che accade, ed una ascensione ( o discesa )  perpendicolare non lo consentirebbe. Essenziali ma non banali nelle forme e nei materiali, sono in sostanza figure votive in legno, ferro e pelli - prevalentemente di renna - raffiguranti spiriti auditori e animali totemici. Entrare in contatto con quelle culture per il tramite di simili oggetti rituali  propone una esplorazione mistica più che fisica. Essa rimanda alla evidenza archetipica di immagini semplici ed evocative, fisicamente presenti nel mondo di mezzo ma necessarie per il viaggio che lo Sciamano deve intraprendere  tra la Terra, il Mondo del Cielo e quello degli inferi per affrontare e risolvere  i problemi di singole persone e intere comunità. Cielo, Terra e Inferi sono collegati da un asse centrale,  un Axis Mundi, luogo “virtuale”, virtuoso e/o terribile nel quale si dipana il viaggio dello Sciamano, (dall’Inglese shaman a sua volta derivato dal Tunguso Samān, il cui punto d’origine è il termine sanscrito śramana ‘monaco’) . Il viaggio avviene grazie ad uno stato alterato di coscienza o trance, e consente di comprendere e ricomporre le rotture avvenute nei diversi mondi e risolverne positivamente gli effetti negativi. La presenza concreta di figure votive garantisce allo Sciamano le energie necessarie incardinate nelle diverse Entità Superiori che esse rappresentano. 


Bibliografia:

Il Volo dello Sciamano. Simboli e arte delle culture Siberiane. AA.VV. De Luca editore

Juha Pentikäinen Shamanism and Culture, Entnika Co.

Sami Folk Art. Ten Thousand Years of Folk Art in the North. AA.VV. 2005



L’opera di Asger Jorn - proveniente da una Vendita Pubblica-  è una Prova d’Artista tirata nel 1970 da Edizioni d’Arte  Fratelli Pozzo a cura di Ezio Gribaudo. La ricerca sui materiali, l’idea stessa di serialità delle opere d’arte caratterizza l’esperienza artistica di Jorn e dei movimenti che egli contribuì a fondare, da CoBrA a I.S.


"We are Hyperboreans - we know well that we live on the edge. 'Neither by sea or by land will you find the path that leads to the Hyperboreans', Pindar already recited of us. Beyond the North, beyond the ice, beyond death – our life, the our happiness..."

F. Nietzche, The Antichrist.


I often feel at home even in far, far away places. It happens to me above all thanks to the mediation of objects that I don't know but recognize. Starting to frequent the Far North to understand the Nanai, Ostyak and Inuit objects I stumbled upon, consolidated this feeling. Despite being distant in their places of creation and use, they are surprisingly in tune with the African and Oceanic creative worlds that I have frequented for decades. It is a further example of how our beaings, oriented towards the fact that we think of images, and not words, that this neuro-physiological rather than cultural datum gives complete meaning to the search for that archetypal evidence that I seek in the languages ​​of art, and in their being evocative of states of consciousness.

An aptitude for snooping into the unknown helps me, having direct contacts with a certain archeology, that of the rock carvings narrated by Emmanuel Anati and the suggestive, powerful and unsettling one of Gobekli Tepe, the site discovered by the late Klaus Schimdt. The nearby unknown helps me, indeed very close: the Castellermo, Sacred Mountain of the Ligurians, so close at hand and so still unknown, between Monte Bego and the Stele Statues of Lunigiana. And with Sofo I think that "true archeology is one that is not limited to the work of gravediggers or museum mice, but also knows how to discover symbols, ideas, meanings, that is, resurrect the soul of antiquity”. t was around this happy intuition, coeval with Gestaltpsychologie that was born in those years and well before the discovery of the Genetics of Language, Mirror Neurons and Neuroaesthetics that Angelo Saglietto, Ligurian di Ponente, renamed Sofo from another Ligure Ponente - Giovanni Boine - he built an intelligent, prophetic, tenacious work that was inexorably opposed by the dictatorship of mediocrity that prevailed even in those times.

I realize that thinking of the Myth as the Relic of History makes those who need certainties turn up their noses to get by, but it is by sailing the open sea that new worlds are discovered. I realize that mixing Nietzche, Jung and Guenon with neuroscience, linguistics, anthropology and archeology sounds bizarre and perhaps dangerous, but it is certainly stimulating.

It is in this perspective, in front of the works coming from the Far North, that I read "La caverna Bertran, myths and symbols of prehistoric Ligurians" by Ito Roscigni, introduced by Marco Vannini. (the Studiolo, 2021) . The Ancient Ligurians are already in the name the "Lords of the Sea" (from Llig-Guor = "he who dominates the sea" or ""saved from the waters" according to the ancient Basque and Ligurian language for which the root hour means waters and lagan corresponds to help, save ) ? They arrived in Europe from the Far North after the sinking of their world (Hyperborea ?), the only survivors of a great glaciation, bringing with them the cult of the Sun, competing and contaminating themselves with the great migrations from Africa and with their cultures ? Hyperboreans certainly exist in Mythological narratives: Herodotus talks about it by taking up even more ancient texts, and the myth of a welcoming land located in the then fertile Siberian area, inhabited by a highly evolved people, runs through history up to the time of the Enlightenment: Jean Sylvain Bailly, French scholar and astronomer, he came to hypothesize a Hyperborean Atlantis near Siberia, the cradle of civilization (Lettres sur l'Atlantide de Platon -1779- and l′Essai sur les fables et sur leur histoire -posthumously, 1798-). In the twentieth century, the origins of the Ligurian people hinged on the myth of Hyperborea thanks to poets and literates passionate about ancient memory, who re-read archaeological discoveries and historical facts in a new light. It's not a casuality. It is often the Poets who react in the most instinctive and effective way to that anguish of nations of which T. S. Eliot spoke, which is the anguish of those who perceive a dying world. Suggestive traces can also be found in the popular tradition of the Ligurian mountains; The "Ommi da Faija", celebrated in Mendatica (https://giulianoarnaldi.blogspot.com/2021/12/lommu-da-faija-spetta-la-luna.html ) are an illuminating example. Perhaps the Herculean "giants" who inhabited the high forest were men from the Far North…. Certainly many data that emerged from studies on the Ligures indicate the presence of cultural elements from the Far North, and we know that before the glaciations those lands were habitable and welcoming. We know that every ancient culture in the world tells of gigantic catastrophic events that today we would define as Tsunamis, presumably produced by impacts of comets or other important stellar masses, curiously placed in the same time period: around about 12,400 years ago. Of course we need to change our point of view, stop thinking of human history in evolutionary terms and consider the perfectly legitimate and scientifically based existence of ancient evolved civilizations prior to the Neolithic Revolution. This explains Gobekli Tepe and the other sites in that area, all witnesses of the same cultural experience: think of Karahan Tepe, (which I visited nine years ago among the first thanks to the indications of my late friend Klaus Schimdt and Roberto Maggi ) , today emerged with all the splendor of the mystery evoked by its very structure thanks to an important excavation work. Many other apparently mysterious sites, object of removal or imaginative interpretations, are clearly explained, such as for example Gunung Padang, the Indonesian "Mountain of Light” We need the courage to take note of the fact that there is not just one knowledge - ours, built on technological exasperation in turn hinged on having more than on being - but a multitude of knowledge, characterized by the added value of the intellectual potential of human being. We need the courage to feel part of a great Mystery in which we are called to live, we need to try to comprehend it and not to possess or ignore it. Going back to La caverna Bertran, myths and symbols of prehistoric Ligurians” edited by Ito Roscigni, a precious and illuminating source, it can well be said that the Myth is the fabric «stretched between God and man to allow communication between them». And if you don't like the name of God, replace it with Mystery of Life, an objective definition. Here is the meaning of the set of events organized under the title "Archetypes from the Great North in the land of the Hyperboreans": I like to think that we Ligurians are the Hyperboreans; I hope it is a useful provocation to see both us and the others - indeed Us/Others! - from another point of view. And the works on display have something familiar to those who have at least recent memory of the profound and creative simplicity that can arise from a piece of wood worked with a simple tool. Even the dialogue with the work of Asger Jorn present in this exhibition somehow belongs to us, and functions as a collector between apparently different worlds: the great Danish artist was a passionate guardian of the traditional cultures of the Great North, edited one of the most authoritative publications to those languages ​​( Sami Folk Art, 2005 ) making the photographs of the objects speak with the same evocative power that characterizes his artistic work. And it was in this strip of land, between Albisola and Cosio d'Arroscia, that he created Situations that are still indelible today.

It is Ligurian history, the history of Us, Others










THE OBJECTS ON DISPLAY

https://www.flickr.com/photos/tribaleglobale/albums/72177720302565414 


«As children, if a view, a countryside, a painting, a sound, etc. a story, a description, a fable, a poetic image, a dream, we like and delight, that pleasure and that delight is always vague and indefinite: the idea that arouses us is always indeterminate and limitless: every consolation, every pleasure, every expectation, every design, illusion, etc. (almost every conception) of that age always holds to the infinite: and feeds and fills our soul inexpressibly, even through the smallest objects»

(Giacomo Leopardi, Zibaldone, January 16, 1821).


The works collected under the title "Archetypes from the Great North" come mainly from the Tischenko Gallery in Helsinki, a sure point of reference for understanding rare and unknown works of art, and from international public sales. The human figure is evoked in a simple and ingenious shape, through a few elements that characterize its function: the head and body are barely sketched, sometimes the eyes are placed opposite the feet, presumably to indicate the need for a gaze that includes points of views antithetical to each other; it is the necessary point of view in the perennial journey between the underworld and the heavenly world.

The cut of the feet proposes a posture that is not erect, but oblique, ascending or descending: one must be able to see what is happening, and a perpendicular ascent (or descent) would not allow this. Essential but not trivial in shapes and materials, they are essentially votive figures in wood, iron and skins - mainly reindeer - depicting auditory spirits and totemic animals. Coming into contact with those cultures through similar ritual objects offers a mystical rather than a physical exploration. It refers to the archetypal evidence of simple and evocative images, physically present in the middle world but necessary for the journey that the Shaman must undertake between the Earth, the Heavenly World and the underworld to face and solve the problems of single people and entire community. Heaven, Earth and Hell are connected by a central axis, an Axis Mundi, a "virtual", virtuous and/or terrible place in which the journey of the Shaman unfolds (from the English shaman in turn derived from the Tungus Samān, whose point of origin is the Sanskrit term śramana 'monk') . The journey takes place thanks to an altered state of consciousness or trance, and allows you to understand and recompose the ruptures that have occurred in the different worlds and positively resolve the negative effects. The concrete presence of votive figures guarantees the Shaman the necessary energies hinged on the different Superior Entities that they represent.

Giuliano Arnaldi, Onzo 11. 21. 2022


Bibliography:

Flight of the Shaman. Symbols and art of Siberian cultures. AA.VV. DeLuca editor

Juha Pentikainen Shamanism and Culture, Entnika Co.

Sami Folk Art. Ten Thousand Years of Folk Art in the North. AA.VV. 2005




The work by Asger Jorn - coming from a Public Sale - is an Artist's Proof drawn in 1970 by Edizioni d'Arte Fratelli Pozzo edited by Ezio Gribaudo. Research on materials, the very idea of ​​seriality of works of art characterizes the artistic experience of Jorn and the movements that he helped to found, from CoBrA to I.S.

Commenti

Post popolari in questo blog

La dittatura della mediocrità : Onzo è uno specchio...

Olio su tela , XVII secolo, cm 74 x 78 circa. Mi rendo conto di mettere a dura prova la pazienza di chi pensasse di leggere questo articolo, ma la vita non si risolve in un tweet..Se avrete la pazienza di leggere l’intervento che segue, che abbiamo presentato durante l’ultimo Consiglio Comunale di Onzo, troverete connessioni ben più grandi. Rifiuti, siccità, abusi di potere… l’aspetto sorprendente é che siamo arrivati al punto in cui non basta più nemmeno una pubblica denuncia presentata in una sede così importante come un Consiglio Comunale, la descrizione di uno scenario che parte dal falso in atto pubblico, dall’interesse privato in atti d’ufficio per denunciare un contesto più ampio che riguarda l’opacità del sistema di connessione tra politici e mondo dello smaltimento dei rifiuti ( e non solo ). Nonostante siano fatti noti, che io li dichiari pubblicamente da anni assumendomene la responsabilità, nonostante diversi Esposti a due Procure della Repubblica ( tuttora in esse

il valore dello scudo / the value of the shield

Il vero eroe non è l'individuo votato a grandi imprese, bensì chi è riuscito − attraverso le piccole cose − a costruirsi uno scudo fatto di lealtà.Paulo Coelho, Il manoscritto ritrovato ad Accra, 201 2 La foto riproduce uno scudo rituale della cultura KATU ( Vietnam, Laos ) Anche in questo caso le opere d’arte ci ricordano che i confini delle culture non sono tirati con il righello dei colonialisti, ma plasmati da un complesso sistema di fattori geografici, storici ed economici che formano i popoli e le loro tradizioni. Ci ricordano che sono permeabili, reciprocamente influenzati dagli usi e dai costumi delle persone che li abitano; luoghi di incontro, e non necessariamente di scontro. Ci ricordano anche come l’uso delle parole non è asettico, ma potenzialmente propagatore di pregiudizi e discriminazione. Questo scudo cerimoniale è abitualmente attribuito ad un popolo vietnamita chiamato Moi; già l’uso di questo termine è ambiguo e in parte irrispettoso. Infatti i diverso

Asger Jorn, la comprensione delle origini.

Guldhorn og Lykkehjul / Les Cornes d’Or et la Roue de la Fortune”,1957 L’arte tradizionale non è la stessa cosa dell’arte popolare, che è creata per piacere al pubblico L’arte tradizionale ( intesa come insieme di miti e tradizioni di un popolo n.d.r. ) è l'arte creata dalle persone per le persone. Ciò conferisce all'arte tradizionale un carattere molto speciale che alcuni chiamerebbero statico, perché è un monologo o un soliloquio che non intende portare a casa un fatto particolare in un luogo particolare, ma è rivolto all'artista stesso e al suo ambiente. Non c'è nulla di agitato o di eroico, nessun dramma elevato in tale arte; e, cosa ancora più importante, non potrà mai essere periferico rispetto al suo ambiente culturale; al contrario deve essere centrale - si potrebbe quasi dire eterno, immortale - perché è tutt'uno con l'anima stessa del popolo. L’arte tradizionale non può morire se non muore la gente stessa… Asger Jorn, 1953 in Chresten Hull a