APPUNTI / NOTES
1) una foresta di simboli / a forest of symbols
1) una foresta di simboli / a forest of symbols
Per capire se stesso l’uomo da sempre si addentra in una foresta di simboli: è grazie ad essi che può tentare di capire e conseguentemente di governare il Mistero della vita. Smarrire il senso del valore dei simboli è l’inizio di uno smarrimento più grande.
Come una sorta di abaco il mondo dei simboli consente di intravedere cose più grandi di noi, anzi il grande che c’è in noi. Come immaginare la vita, la morte, l’amore, la sofferenza …è come tentare di immaginare l’aria…ne hai bisogno, se manca muori, ma non la vedi…la immagini…i simboli sono l’alfabeto che usiamo per immaginare il concreto, necessario invisibile.
Se la cifra dell’essere umano è la voglia di conoscere, di addentrarsi in quella foresta, si tratta di capire se basta aggirarsi in essa, osservarla, o è necessario darsi una meta…serve quindi una bussola, uno strumento per orientarsi ( etimo strumento ): basta la conoscenza, può essere la conoscenza stessa la bussola ? Difficile dirlo. I saperi prendono corpo quando un essere umano interagisce con con essi. Nel rispetto della grandezza del Creato della sua viva complessità, grandezza e incommensurabile indipendenza dall’essere umano, resta il fatto che questo siamo, esseri umani, e in quanto tali siamo chiamati ad agire sullo scenario del mondo. Non penso quindi che sia presuntuoso mettere l’essere umano al centro, a condizione che egli sia consapevole di trovare la propria cifra nel misurarsi con la profondità del mistero . L’uomo di Vitruvio ci parla magnificamente di ciò, nel modo stesso in cui si pone e propone, nell’evocazione di scienza e bellezza . C’è quindi, insieme alla conoscenza, la necessità di avere fiducia in qualcosa che va oltre l’esperienza di conoscere: anche la stessa fiducia in tale esperienza è speranza, e non certezza di raggiungere l’obiettivo prefisso . C’è quindi un problema di fede.
Parola pericolosa e desueta, piegata troppo stesso ad obiettivi meschini e vili, usata per confermare o confutare tutto e il contrario di tutto.
E in questo caso la bussola è la fede.
Dentro ogni simbolo si cela il mistero e la possibilità di svelarlo ma il simbolo diventa potenza ed energia con la fede.
To understand himself, man has always entered a forest of symbols: it is thanks to them that he can try to understand and consequently to govern the Mystery of life. To lose the sense of the value of symbols is the beginning of a greater loss.
As a sort of abacus, the world of symbols allows us to glimpse things that are greater than us, indeed the great that is in us. How to imagine life, death, love, suffering ... it's like trying to imagine the air ... you need it, if you miss you die, but you do not see it ... the images ... the symbols are the alphabet we use to imagine the concrete, necessary invisible.
If the figure of the human being is the desire to know, to go into that forest, we need to understand if we need to get around it, observe it, or we need to give ourselves a goal ... we need a compass, an instrument for orientation (etymology tool) ): knowledge is enough, can the knowledge itself be the compass?
Difficult to say. The knowledge takes shape when a human being interacts with them. Respecting the greatness of the Creation of its vivid complexity, greatness and incommensurable independence from the human being, the fact remains that we are human beings, and as such we are called to act on the world scenario. I do not think therefore that it is presumptuous to put the human being at the center, on condition that he is aware of finding his own figure in measuring himself against the depth of the mystery. The man of Vitruvius speaks to us magnificently about this, in the way he poses and proposes, in the evocation of science and beauty. There is therefore, together with knowledge, the need to trust something that goes beyond the experience of knowing: even the trust in this experience is hope, and not certainty of achieving the prefixed objective. There is therefore a problem of faith.
A dangerous and obsolete word, bent too much to mean and vile targets, used to confirm or refute everything and the opposite of everything.
And in this case the compass is faith.
Inside each symbol lies the mystery and the possibility of revealing it, but the symbol
becomes power and energy with faith.
2) NATURA VIVA / LIVING NATURE..
Sono incuriosito dai materiali dismessi, anzi, dalla materia dismessa..spesso c’è ancora bellezza ed energia in ciò che buttiamo sopratutto quando si tratta di materiale naturale. Non saperla vedere e valorizzare è un pericoloso limite del nostro tempo. C’è da dire che il recupero diventa necessario quando si è poveri di risorse da sprecare…oserei dire che c’è un grande dono nella ristrettezza di mezzi, obbliga alla creatività e ti metti a cercare ciò che vale per ciò che è e non per ciò che costa. E’ anche per questo che io non butto niente.
Nel caso specifico ho conservato per anni dei travetti di legno che erano parte di un pallet. Per anni sono stati la bordura di un giardino di pietre sul tetto del Mercato civico, poi, arrivato a Vendone, ho provato ad usarli come struttura portante per un tavolo, trasformandoli in due quadrati. Non ero convinto. Oggi, finalmente, ho capito cosa devono essere: cornici.
La cornice delimita un’opera all’interno di uno spazio, è insieme aperta come una finestra e chiusa come un obiettivo fotografico che deve mettere a fuoco. Qui c’è di più. Mi rendo conto che sto usando il parco Mnemosine a Onzo come un Museo, nel senso di mouseion, "luogo sacro alle Muse", figlie di Zeus e protettrici delle arti e delle scienze, In fondo il primo Mouseion fu quello di Alessandria d’Egitto istituita da Tolomeo nel III secolo a.C. e in realtà era un luogo di culto destinato a letterati e scienziati… Nel mio Mouseion , Mnemosine , le opere sono esposte nel luogo più naturale….la natura, appunto…e la cornice in legno che ho chiamato #operaviva in realtà diventerà un palcoscenico… su di esso esporrò di volta in volta opere che richiedono una certa visione, e il mio intervento consisterà nel fotografarle, penso con una polaroid…ma questa è un’altra storia…in realtà le cornici recuperate sono due…ma una è diventata quasi d’istinto un altare laico…ci ho messo dentro una falce e un martello, arrugginiti in quei campi da anni..e ho chiamato l’opera “bisogna levare la ruggine”… mio malgrado, vivo il presente tra passato e futuro…
I am intrigued by the disused materials, indeed, from the abandoned material. Often there is still beauty and energy in what we throw above all when it comes to natural material. Not knowing how to see and value it is a dangerous limit of our time. It must be said that recovery becomes necessary when one is poor of resources to waste ... I would dare to say that there is a great gift in the narrowness of means, obliges creativity and you are looking for what is valid for what it is and not for what it costs. This is also why I do not throw anything away.
In this specific case I have kept for years wooden joists that were part of a pallet. For years they have been the border of a stone garden on the roof of the Civic Market, then, arrived in Vendone, I tried to use them as a supporting structure for a table, turning them into two squares. I was not convinced. Today, finally, I understand what they must be: frames.
The frame delimits a work within a space, it is together open like a window and closed like a photographic lens that must focus. Here's more. I realize that I am using the Mnemosine park in Onzo as a Museum, in the sense of mouseion, "sacred place to the Muses", daughters of Zeus and protectors of the arts and sciences, basically the first Mouseion was that of Alexandria in Egypt established by Ptolemy in the III century BC and in reality it was a place of worship for writers and scientists ... In my Mouseion, Mnemosine, the works are exhibited in the most natural place ... nature, precisely ... and the wooden frame I called #operaviva will actually become a stage ... on it I will exhibit from time to time works that require a certain vision, and my intervention will consist in photographing them, I think with a polaroid ... but this is another story ... actually the frames are recovered ... but one has become almost instinctively a secular altar ... I put in a sickle and a hammer, rusty in those fields for years .. and I called the opera "you have to remove the rust" ... despite myself, I live the present between past and future …
3) LA BELLEZZA E’ IL SENSO DEL REALE / BEAUTY IS THE SENSE OF THE REAL
Quando la realtà che ci circonda prende un senso? Gli elementi naturali, le persone, gli oggetti smettono di essere solo materia nel momento in cui sono com/presi, memorizzati come immagini e conseguentemente comunicati. In fondo è irrilevante se la comunicazione è verso se stessi o altri.
Con questi presupposti ogni elemento presente in natura, ogni manufatto e ogni immagine può diventare elemento alfabetico. Mi piace mescolare gli alfabeti, trovo che a volte possono venir fuori forme di linguaggio archetipico. Direi che agisco d’istinto e solo dopo vedo connessioni e armonie.
Gli ingredienti sono quasi sempre cose destinate ad altro, e possono essere già opere d’arte ( come spesso accade con gli oggetti di arte primaria), arnesi dismessi o destinati ad uno specifico uso concreto. A volte sono rotti: la frattura quasi sempre porta in se un valore aggiunto, come la tecnica del Kintsugi rammenta splendidamente. In realtà penso sia proprio il gesto della riparazione che conferisce una misteriosa bellezza: molte opere d’arte africana, riparate per necessità, svelano così una bellezza altrimenti celata. A volte sono parte di oggetti più grandi.
A volte sono solo idee iconiche , come l’uso dell’oro o del nero, oppure scelte concettuali come monumentalizzare oggetti piccoli o tradurre una materia in un’altra .
Credo di vedere semplicemente altre opzioni, altri significati e cerco di tirarli fuori e condividerli.
When does the reality around us make sense? Natural elements, people, objects cease to be only matter at the moment they are com / taken, stored as images and consequently communicated. After all, it is irrelevant whether communication is to oneself or others.
With these assumptions every element present in nature, every artifact and every image can become an alphabetical element. I like to mix alphabets, I find that sometimes forms of archetypal language can come out. I would say that I act instinctively and only then do I see connections and harmonies.
The ingredients are almost always things destined for something else, and they can already be works of art (as often happens with the objects of primary art), disused utensils or destined to a specific concrete use. Sometimes they are broken: the fracture almost always brings in itself an added value, as the Kintsugi technique recalls beautifully. In reality I think it is precisely the gesture of reparation that gives a mysterious beauty: many African works of art, repaired by necessity, reveal an otherwise hidden beauty. Sometimes they are part of bigger objects.
Sometimes they are just iconic ideas, like the use of gold or black, or conceptual choices like monumentalizing small objects or translating one subject into another.
I think I simply see other options, other meanings and I try to get them out and share them.
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