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il valore dello scudo / the value of the shield

Il vero eroe non è l'individuo votato a grandi imprese, bensì chi è riuscito − attraverso le piccole cose − a costruirsi uno scudo fatto di lealtà.Paulo Coelho, Il manoscritto ritrovato ad Accra, 2012
La foto riproduce uno scudo rituale della cultura KATU ( Vietnam, Laos )
Anche in questo caso le opere d’arte ci ricordano che i confini delle culture non sono tirati con il righello dei colonialisti, ma plasmati da un complesso sistema di fattori geografici, storici ed economici che formano i popoli e le loro tradizioni. Ci ricordano che sono permeabili, reciprocamente influenzati dagli usi e dai costumi delle persone che li abitano; luoghi di incontro, e non necessariamente di scontro. Ci ricordano anche come l’uso delle parole non è asettico, ma potenzialmente propagatore di pregiudizi e discriminazione. Questo scudo cerimoniale è abitualmente attribuito ad un popolo vietnamita chiamato Moi; già l’uso di questo termine è ambiguo e in parte irrispettoso. Infatti i diverso popoli che abitano l’area centrale del Vietnam sono chiamati in modi diversi. “ Montagnard è un termine generico per le varie popolazioni indigene degli altopiani centrali del Vietnam. Il termine francese Montagnard significa abitante delle montagne ed è un residuo del periodo coloniale francese in Vietnam. In vietnamita, sono conosciuti con il termine người Thượng (lett. 'montanari'), sebbene questo termine possa essere applicato anche ad altri gruppi etnici minoritari in Vietnam. Nel Vietnam moderno, entrambi i termini sono arcaici e i gruppi etnici indigeni sono indicati come đồng bào (lett. "compatrioti") o người dân tộc thiểu số (lett. “minoranze"). In precedenza venivano chiamati in senso peggiorativo Mọi “ ( Wikipedia) . Il termine Moi è considerato dispregiativo perché significa “ selvaggio”, come nota H. Maître (1909 Les Régions Moi du Sud-lndochinois: Le plateau de Darlac ) . L’identificazione etnografica più corretta potrebbe essere KATU; è quella usata da Bertrand Goy, Jean-Yves Couй ( JARAI, 2006 ), e citata dal Prof. Erwin Melchardt nella scheda tecnica associata ad un oggetto di questo tipo venduto da DOROTHEUM, ( lotto 204 asta del 5.11.2014 ). “ I Katu vivono sull'altopiano di Bolaven, su entrambi i lati del confine con il Laos meridionale e il Vietnam. Sono conosciuti per le loro grandi cerimonie con sacrifici di bufali. In queste occasioni, l’officiante porta uno scudo cerimoniale rotondo, come questo, fatto di legno sottile con un bordo di bambù stretto e spesso. Lo scudo è leggermente concavo, tinto con lacca nera sul davanti e sul retro, e presenta un "simbolo del sole" fatto di strisce metalliche sul davanti. Sul retro è presente un doppio manico in legno e metallo fissato a montanti.” ( Prof. Erwin Melchardt per Dorotheum ). Il valore simbolico di questa opera mi pare notevole. Il cerchio è forma evocativa per eccellenza, sul colore nero rimando a quanto scrissi già nel 2009, presentando il mio lavoro di artista (1). La presenza di simboli astronomici come il sole e le stelle è semplice e potente; gli astri sono forse il primo confine che l’umanità ha trovato, cercando di andare con il pensiero nella direzione del Mistero; anche i segni posti nei quattro angoli dello scudo devono avere un valore simbolico, che non sono riuscito a decifrare; sono posti in sequenza progressiva e non casuale. Inoltre c’è la funzione; lo impugna il Sacerdote durante i riti propiziatori in cui vengono sacrificati i bufali, è uno scudo ma non si usa in guerra, serve a proteggere la Comunità da ben altri disastri , che non dipendono dalla scelte degli uomini ..carestie, siccità..alla natura spietata vengono opposti i simboli della natura benigna, il sole, le stelle..consapevolmente dichiarati tramite le loro forme, presenti sullo scudo. E’ come se coscienza e conoscenza fossero considerati un argine alle tragedie. E poi bisogna considerare la lezione della storia. Popoli lontani, vessati, frantumati nella loro stessa esistenza dalla avidità occidentale ( stiamo parlando del Vietnam…) ci ricordano con il linguaggio semplice, suggestivo e potente delle loro opere d’arte come siamo tutti uguali davanti alla esperienza della vita…essere, e non avere. Sono incappato in questa opera per caso, come accade spesso, facendo una ricerca sul valore simbolico del cerchio nelle culture arcaiche. Mi ha immediatamente affasciato per la profonda essenzialità dell’insieme di forma, colore e materiali usati, e la suggestione è cresciuta approfondendone la storia. Sono convinto che se la reazione istintiva davanti al manifestarsi della bellezza in una forma sconosciuta è il primo passo, il secondo sia - nei limiti del possibile - cercare di capirne l’origine e la funzione; il terzo passo è certamente coglierne l’evidenza archetipica, quel messaggio nascosto che può parlare in ogni tempo e in ogni luogo, e quindi anche a me, qui e ora; conseguentemente ho scelto di condividerne il contenuto, sia mediante la semplice esposizione dell’opera in questione, sia usandola come un elemento alfabetico di quell’alfabeto metaforico che caratterizza i linguaggi dell’arte. in questo caso lo scudo diventerà un grande disco in metallo nero, con parti applicate in metalli diverso che raffigurano i raggi del sole e le stelle . 1) “ Il nero può essere definito come l'impressione visiva che viene sperimentata quando nessuna luce visibile raggiunge l'occhio, che combina tutti i colori della luce che stimolano in maniera uguale i tre tipi di recettori sensibili ai colori. I pigmenti che assorbono la luce piuttosto che rifletterla danno luogo al "nero". Un pigmento nero, tuttavia, risulta da una combinazione di diversi pigmenti che insieme, assorbono tutta la luce diogni colore. Se vengono impiegate le proporzioni corrette dei tre pigmenti primari, il risultato riflette così poca luce da risultare nero. Questo porta a due descrizioni apparentemente opposte ma complementari del nero. Il nero è la mancanza di tutti i colori che formano la luce, oppure una combinazione di più colori di pigmenti. Vedere anche colori primari e pigmenti primari. Noi sappiamo che il colore nero comprende tutti i colori dello spettro luminoso. Vi è, però, qualcosa che vediamo nero che non è alcun colore, neanche il colore nero: il nero dello spazio.” ( Wikipedia) Sarebbe già sufficiente: mettiamoci anche, e sopratutto, che il nero è per definizione il colore dell’Africa. In molte culture Africane simboleggia la saggezza e la prosperità, il nome dell’Antico Egitto era KeMeT , Terra Nera perché ricca di limo e quindi fertile e feconda. Ma ciò che mi ha convinto è stato ricordare le Madonne Nere, e ad esse associare il celebre e misterioso “ Nigra Sum, sed formosa” scritto nel Cantico dei Cantici di Salomone ( Ct 1,6) . Al netto delle diverse interpretazioni sia della tradizione Ebraica che di quella Cristiana ( e di tante bestialità pseudo esoteriche…) quella meravigliosa opera poetica è un dialogo tra innamorati, appassionato, intenso, carnale..e questa misteriosa Donna “Nera, ma bella..” evoca lo spessore e la sofferenza della condizione femminile, dei suoi saperi oggi indispensabili per salvare un mondo messo a rischio da troppi millenni di paternalismo maschilista.” Giuliano Arnaldi, Amsterdam 5 dicembre 2023.
The true hero is not the individual devoted to great undertakings, but rather the one who has managed - through small things - to build a shield of loyalty. Paulo Coelho, The manuscript found in Accra, 2012
The value of the shield Also in this case the works of art remind us that the borders of cultures are not drawn with the ruler of the colonialists, but shaped by a complex system of geographical, historical and economic factors that shape peoples and their traditions. They remind us that they are permeable, mutually influenced by the habits and customs of the people who live there; places of meeting, and not necessarily of conflict. They also remind us how the use of words is not aseptic, but potentially propagator of prejudice and discrimination. This ceremonial shield is usually attributed to a Vietnamese people called Moi; the use of this term is already ambiguous and partly disrespectful. In fact, the different peoples who inhabit the central area of ​​Vietnam are called in different ways. “ Montagnard is a generic term for the various indigenous peoples of the central highlands of Vietnam. The French term Montagnard means mountain dweller and is a remnant of the French colonial period in Vietnam. In Vietnamese, they are known by the term người Thượng (lit. 'highlanders'), although this term can also be applied to other minority ethnic groups in Vietnam. In modern Vietnam, both terms are archaic and indigenous ethnic groups are referred to as đồng bào (lit. “compatriots”) or người dân tộc thiểu số (lit. “minorities”). Previously they were pejoratively called Mọi” ( Wikipedia ). The term Moi is considered derogatory because it means "wild", as noted by H. Maître (1909 Les Régions Moi du Sud-lndochinois: Le plateau de Darlac). The most correct ethnographic identification could be KATU; it is the one used by Bertrand Goy, Jean-Yves Couй (JARAI, 2006), and cited by Prof. Erwin Melchardt in the technical sheet associated with an object of this type sold by DOROTHEUM, (lot 204 auction of 5.11.2014). “The Katu live on the plateau of Bolaven, on both sides of the border with southern Laos and Vietnam. They are known for their grand ceremonies involving buffalo sacrifices. On these occasions, the officiant carries a round ceremonial shield, like this one, made of thin wood with a narrow, thick bamboo edge. The shield is slightly concave, dyed with black lacquer on the front and back, and features a "sun symbol" made of metallic stripes on the front. On the back there is a double wooden and metal handle fixed to uprights.” (Prof. Erwin Melchardt for Dorotheum). The symbolic value of this work seems remarkable to me. The circle is an evocative shape par excellence, on the color black I refer to what I wrote already in 2009, presenting my work as an artist (1). The presence of astronomical symbols such as the sun and stars is simple and powerful; the stars are perhaps the first boundary that humanity has found, trying to go with thought in the direction of the Mystery; even the signs placed in the four corners of the shield must have a symbolic value, which I have not been able to decipher; they are placed in a progressive and non-random sequence. Furthermore there is the function; The Priest holds it during the propitiatory rites in which the buffaloes are sacrificed, it is a shield but it is not used in war, it serves to protect the Community from many other disasters, which do not depend on the choices of men... famine, drought... merciless nature are opposed to the symbols of benign nature, the sun, the stars... consciously declared through their shapes, present on the shield. It is as if conscience and knowledge were considered a barrier to tragedies. And then we must consider the lessons of history. Distant peoples, oppressed, shattered in their very existence by Western greed (we are talking about Vietnam...) remind us with the simple, evocative and powerful language of their works of art how we are all equal in the face of the experience of life...being, and not have. I stumbled upon this work by chance, as often happens, while doing research on the symbolic value of the circle in archaic cultures. I was immediately fascinated by the profound essentiality of the combination of shape, color and materials used, and the suggestion grew as I delved deeper into its history. I am convinced that if the instinctive reaction to the manifestation of beauty in an unknown form is the first step, the second is - to the extent possible - trying to understand its origin and function; the third step is certainly to grasp the archetypal evidence, that hidden message that can speak at any time and in any place, and therefore also to me, here and now; consequently I chose to share its content, both through the simple display of the work in question and by using it as an alphabetical element of that metaphorical alphabet that characterizes the languages ​​of art. in this case the shield will become a large black metal disc, with applied parts in different metals depicting the rays of the sun and the stars. 1) “ Black can be defined as the visual impression that is experienced when no visible light reaches the eye, which combines all the colors of light that equally stimulate the three types of color-sensitive receptors. Pigments that absorb light rather than reflect it result in "black". A black pigment, however, results from a combination of several pigments that together absorb all the light of each color. If the correct proportions of the three primary pigments are used, the result reflects so little light that it appears black. This leads to two seemingly opposite but complementary descriptions of black. Black is the lack of all the colors that form light, or a combination of multiple pigment colors. See also primary colors and primary pigments. We know that the color black includes all the colors of the light spectrum. There is, however, something that we see as black that is not any color, not even the color black: the black of space." (Wikipedia) That would already be enough: let's also consider, and above all, that black is by definition the color of Africa. In many African cultures it symbolizes wisdom and prosperity, the name of Ancient Egypt was KeMeT, Black Earth because it was rich in silt and therefore fertile and fruitful. But what convinced me was remembering the Black Madonnas, and associating them with the famous and mysterious "Nigra Sum, sed formosa" written in the Song of Songs of Solomon (Song of Songs 1.6). Net of the different interpretations of both the Jewish and Christian traditions (and many pseudo-esoteric bestiality...) that wonderful poetic work is a dialogue between lovers, passionate, intense, carnal... and this mysterious "Black, but beautiful" Woman... ” evokes the depth and suffering of the female condition, of her knowledge which is now indispensable to save a world put at risk by too many millennia of chauvinist paternalism.”

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