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RELIQUUS, ciò che resta.

Un reliquairio Manifattura Torretta ( Genova XVIII secolo) e un Reliquairio Kota

 La sofferenza dell’umanità è infinita, perché senza fine è la sua vita. 

C.G.Jung, Libro Rosso 


 “Quanti conservano ancora ciocche di capelli di persone care o i primi denti dei bimbi? Ancora  oggi molti mangiano i testicoli del toro, o le ostriche perché si dice donino vigore, oppure  uova forate con uno spillo per ingerirne direttamente il contenuto senza che lo stesso sia "contaminato" dal mondo esterno: anche nell'ambito religioso occidentale le "reliquie" sono tuttora venerate o quantomeno rispettate ovunque restino tracce di fede. Perché quindi stupirsi se in un'altra parte del mondo altro materiale organico viene usato per creare le ferite del corpo e dell'anima?

Davanti al mistero, che esso si manifesti con gioia o con disperazione, l'uomo ha bisogno di dare una forma alla speranza. Così oggetti che rivestono un particolare significato per il loro valore simbolico ( prime fra tutti le parti del corpo animale e umano ) vengono caricati di energia e diventano reliquie. 

Reliquia ( in latino reliquus - resto, residuo) deriva da relinquere, che e' composto di re- dietro e liquus- da linq-uere, lasciare: letteralmente e' ciò che resta di qualsiasi cosa. 

Il nostro bisogno di eternità  ( o semplicemente di trascendenza) trasforma questo residuo in un tutto ontologico, in un'essenza. “ 

Ripropongo queste note scritte anni fa in occasione di una visita al mercato tradizionale di Akodessawa, Lome’. La  reliquia esercita un fascino senza tempo, è uno degli oggetti più efficaci per dare corpo e senso al tempo che scorre, per trarne utilità e insegnamento. In nome  delle Reliquie si sono fatte guerre, costituite città e luoghi santi..e il Reliquiario e un transfert tra il mondo 

reale e quello misterioso della Fede. E’ legato indissolubilmente alla sofferenza, non fosse altro che per il fatto che “ciò che resta” lascia comunque dietro di se qualcosa di cui è stato parte..



FORME

Osservando i reliquiari ci può davvero dire che la forma è elemento alfabetico di un alfabeto metaforico che evoca stati di coscienza attraverso la potenza evocativa ed archetipica delle immagini. Quale altra spiegazione si può dare al fatto che culture profondamente diverse e profondamente lontane usino forme sorprendentemente simili? E’ un caso che reliquiari  ( Cristiani o Animisti ) abbiano forme così simili? Si può fondare questa affermazione rimandando al Test di Rorschach, o alla Psicologia della Gestalt e alle sue immagini tipiche ma penso basti l’evidenza delle immagini. Nel caso dei reliquiari la forma alfabetica è antropomorfa, e precisamente rimanda ad una testa, all’interno della quale si inserisce un “cuore” reliquiale. Testa e cuore sono le parte del nostro corpo che associamo  agli strumenti intellettivi che ci permettono di pensare ed amare. Pensare ed amare, elementi fondamentali per fare memoria e fare futuro, restando umani…


La prima tra le speranze, la vita che prosegue e si rinnova, trova naturalmente il suo manifestarsi nel culto degli antenati, in coloro che essendo venuti prima consentono a noi di essere qui e di proiettare la nostra esistenza in un futuro indefinito: ecco quindi le nostre immagini di Santi e Martiri, e le “altre” strepitose immagini di Antenati Ancestrali che ogni cultura e ogni tempo hanno lasciato come traccia di sé. 


CONTENUTO E CONTENITORE

Ma la reliquia è essenza, ed Il contenitore destinato ad ospitarla diventa contenuto   assumendo un forte connotato espressivo. Esso  deve favorire il realizzarsi della speranza  riposta nella forza presente nella reliquia, la sua forma deve assecondare le presenze che esso contiene, le deve comunicare al meglio attraverso i materiali con cui e' realizzato, le sue forme, le iscrizioni che vengono apposte su di esso. La sua forma e' "gestalt" , il tutto e' più della somma delle sue singole parti. ( 1 )


Pur in forme diverse secondo le differenti culture, il culto delle reliquie appartiene all'esperienza umana da sempre. Le sepolture preistoriche come l'attenzione a volte maniacale di certi collezionisti ci parlano di un "bisogno di reliquia". 

E' evidente la differenza di profondità di campo tra il Graal, il Tesoro di San Gennaro e la raccolta di figurine dei calciatori, ma quando si attribuisce valore esistenziale ad un oggetto si imbocca una strada che conduce nella medesima direzione , che si facciano pochi passi o si proceda verso l'infinito si intraprende un cammino di fede,  e penso che ogni scelta di fede vada rispettata finche' si esercita nel rispetto degli altri.


Reliquairio Nkisi, R.d.C.



1) e' interessante notare come nei linguaggi dell'arte africana ciò sia ottenuto più levando che aggiungendo,  come nell’arte di Michelangelo.  Qui però  troviamo un percorso di semplificazione archetipica dove la comunicazione profonda si ottiene attraverso la forza del segno che evoca  gli occhi, il naso, la modifica esasperata delle forme - con modalità sorprendentemente simili al linguaggio degli emoticon-, e attraverso l'uso suggestivo di materiali come rame e ottone ( kota) -  destinati a dialogare con il sole -, oppure mediante l'evocazione del gesto ( nkissi ) e l'uso  di oggetti comuni ( specchio e chiodi ) la cui funzione rimanda d'istinto ad azioni ( lo specchio restituisce  al mittente l'azione negativa - ricordando il mito della  Meedusa,  il chiodo o la lama   pongono nel profondo la  richiesta  di aiuto) .


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