La storia di Bagatto.
Antonino Amato detto “Bagatto” per la sua statura non alta, è uno dei tanti giovani che l’8 settembre abbandonano la divisa a migliaia di km da casa .Trova lavoro nei campi e soccorso alimentare a Leca d'Albenga, assieme ad altri due siciliani, Giovanni Gallo di Favara (A.G.) e Gerlando Mandracchia di Agrigento. Un abitante di Leca, Mario Cha, lo ricovera in casa sua; Irma Ravatta a Babolla, dove gestisce un negozio, è prodiga di aiuto ai resistenti ed agli indigenti; “Bagatto” è uno dei suoi beneficiati. Gallo e Mantracchia dopo un certo periodo, annusano il pericolo, vogliono salire in montagna, si uniscono nel progetto di un vecchio antifascista di Leca - Giobatta Ferro (Baciccin di Gumbi) - e di Agostino Enrico (Lancia). Un ragazzino quattordicenne, Augusto Massabò, si è offerto di accompagnarli. A questo quintetto si uniscono due sconosciuti, che manifestano l'intenzione di disertare dall'esercito tedesco. Il quintetto ha l'appuntamento a Leca in zona “ Liguna”; Lancia e Baciccin sono un po' in ritardo. Mentre si avvicinano al luogo convenuto, sentono del trambusto, grida, ordini secchi. Capiscono il pericolo, ritornano su i loro passi. I due sconosciuti si rivelano SS tedeschi, per nulla disertori ed arrestano i tre amici puntuali al ritrovo. Sono condotti a Bastia e reclusi in una umida cisterna, di proprietà della Azienda Agricola Anfossi. Il primo giugno 1944, i partigiani fanno saltare il ponte dell’Antoniano; per rappresaglia, dopo tre giorni di detenzione, in quell'angusto e deprimente posto, sono fucilati a Bastia in località “Rocche du Gattu” verso Coasco. Bagatto, sconvolto per la perdita dei compagni, sale in banda partigiana. Vuole vendicare gli amici. Di tanto in tanto, manda sue notizie ad Irma. Lei gli procura, oltre a qualche soldo, vaselina e olio minerale per la lubrificazione delle armi. Merce rara e costosa. Bagatto è nella squadra di Bruno Schivo (Cimitero) nel Distaccamento “Filippo Airaldi” della 2° Brigata della V I° Divisione “Silvio Bonfante”, anzi è il suo fido portamunizioni, non si sa, se per protezione o benvolere, sta di fatto che segue sempre il capo. La mattina del 20 di gennaio 1945, il gruppo di “Cimitero” tra cui Sildano Stella (Fieno), Osvaldo Molli (Puzzi) sono a Menezzo.
Diamo la parola ad un testimone oculare per una testimonianza inedita.
“Menezzo (Onzo) 20 gennaio 1945 primo pomeriggio. Il nonno era a casa di sua sorella e “Cimitero” era da loro in cerca di cibo o altri generi di sussistenza, quando uscendo dall'abitazione, salendo il viottolo che conduceva a monte , vede un tizio che gli punta la pistola e urla “Monterosa”! . Cimitero si ripara dietro lo spigolo della casa, risponde al fuoco e salta giù dalla scalinata sul retro che conduce ai campi e al bosco. I Monterosa lo perdono di vista e non azzardano un immediato inseguimento temendo l'appostamento della squadra di partigiani nei dintorni. Cominciano però un rastrellamento nelle case li attorno pensando di stanare altri partigiani, intimando agli abitanti che le case saranno perlustrate e magari anche incendiale. Intanto in casa della zia, il nonno comprende che la situazione sta diventando pericolosa: uno dei figli prova a scappare, ma troppi tedeschi erano nei dintorni, e rientra in casa; qui il nonno dice al nipote (che saltuariamente si adoperava come barbiere) di fargli la barba e di stare calmo, con la speranza che la scena familiare non destasse sospetti. I Monterosa entrarono in casa chiesero i documenti e come consuetudine presero degli ostaggi: aspettarono che finisse di radere il nonno e poi dissero al ragazzo di seguirli. Altri due uomini della frazione vennero presi per essere condotti ad Ortovero e consegnati ai tedeschi. Furono comunque rilasciati tutti dopo poco tempo e senza grosse conseguenze. Intanto “Cimitero” e i suoi si erano radunati nei pressi di Varavo al di fuori dell'abitato, in mezzo ai campi, tra la frazione superiore e quella inferiore. Da li videro transitare i Monterosa sulla strada che da Varavo conduce a Vendone . I partigiani, individuati i Monterosa in marcia aprono il fuoco e feriscono il tenente al naso, il quale fa rispondere al fuoco e un colpo sparato con un fucile a cannocchiale ferisce mortalmente “Bagatto” all'addome, proprio sulla cintura. Dopo la sparatoria i tedeschi proseguirono senza accertare eventuali feriti: notarono però che c'erano persone nei campi intente alla raccolta delle olive, tra cui una donna senza un occhio. Il ragazzo colpito venne trasportato in fin di vita in una baracca nella zona dove spirò invocando la mamma. Fu poi portato nel cimitero di Onzo dove fu sepolto. Il parroco dell'epoca era Don Giordano. Dopo la liberazione, fu fatta una cerimonia , fu riesumato e riportato a casa dai familiari.”
Tornando ai fatti già noti, risulta che Bagatto chiese senza ottenerlo il conforto dell’Estrema Unzione. Il 17 febbraio 1945 in una lettera ufficiale custodita presso l’Archivio dell’Istituto Storico di Imperia il Comandante della Divisione Silvio Bonfante, “ Giorgio” ( Giorgio Olivero) , chiede giustizia per questo comportamento del Parroco di Onzo direttamente al Vescovo Monsignor Cambiaso in una lettera. Immediata invece è la risposta militare di “Cimitero”. Sottrattosi al fuoco, scendendo in basso in direzione di Pogli , invece di trovare scampo altrove, dopo un po' di tempo, risale e prende alle spalle gli attaccanti, ormai sicuri di aver disperso i ribelli. Con un colpo di pistola, in piena fronte, sorprende un malcapitato tedesco alquanto ebbro: non si accorge del suo arrivo, se non quando è troppo tardi. Ha un bel paio di stivali ed un arma efficiente, verranno bene in seguito; in momenti di estrema penuria, tutto fa comodo. “Bagatto” nella logica del tempo è stato vendicato. La salma di “Bagatto” nel dopoguerra, verrà riesumata e sepolta nel Cimitero di Leca d’Albenga . Ma occorreranno ben 31 anni perché Irma , ormai settantacinquenne, possa coronare il suo sogno di conoscere i congiunti di Bagatto, nel frattempo insignito di medaglia d’oro.
Ora la memoria del Carabiniere Partigiano vive nella Stele ad Egli dedicata presso il Parco Mnemosine di Varavo - Onzo - a poche decine di metri da dove cadde ferito a morte. La Stele è orientata a 37 ° 31′ 17″ N, 13° 26′ 4″ E: sono le coordinate di Cianciana, il Comune in provincia di Agrigento nel quale Antonino Amato nacque il 17 febbraio 1923.
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