LOBI, Il cielo in una stanza…
https://www.flickr.com/photos/tribaleglobale/albums/72157624869639819All’origine del mondo c'erano una coppia di umani, ed erano dei giganti. Il nome dell'uomo era Koùnn e il nome della donna era Khèr. Non sappiamo da dove venissero. Alcuni dicono che discesero dal cielo, altri che emersero i dalla terra. Ebbero molti figli ed i loro figli rimasero con loro e si sposarono . Ignoravano la cultura e non costruivano case, perché non soffrivano né la fame né il freddo.
Per nutrirsi tagliarono un pezzo di cielo e lo fecero cuocere . Il cielo a quel tempo era sulla terra. Così i bambini non soffrirono mai la fame. Era Tangba, Dio, che li aveva autorizzati a farlo, ma a una condizione: non dovevano guardare il cielo mentre cuoceva ! Quindi misero il pezzo di cielo in una ceramica accuratamente chiusa. Un giorno fu il turno di Koùnn di cucinare, ma dovette allontanarsi da casa perché doveva urinare. Allora Khèr, divorata dalla curiosità, approfittò della sua assenza per sollevare il coperchio della pentola. Immediatamente scoppiò un tuono e il cielo fuggì: salì, ed è da allora che è così alto, fuori dalla portata degli uomini.
La brousse, le champ et la Jachère au Burkina Faso, ed. Robin Duponnois e Bernarde Lacombe (Parigi: L'Harmattan, 2007)
Così i Lobi, popolo splendido e poverissimo che abita in quei paesi che noi chiamiamo Burkina Faso, Ghana e Costa d’Avorio, raccontano l’origine del mondo.
Sono doverose alcune premesse: i linguaggi dei popoli extraeuropei hanno un’origine antica e profondamente diversa dalla nostra: la parola è muta (1) , sacra e pericolosa perché tenta di dare corpo al Mistero, che si percepisce attraverso immagini destinate ad evocare stati di coscienza.
In questo senso quei linguaggi sono sorprendentemente più adeguati al nostro tempo, che è tempo di immagini. Aggiungo che ciò non è necessariamente negativo: più conosciamo il funzionamento del nostro cervello più sappiamo che pensiamo immagini, e non parole..se non si parte da questo presupposto ogni analisi antropologica e culturale risulta falsata: sarebbe come tentare di tradurre una lingua con il vocabolario sbagliato.
Inoltre spesso gli africani ci raccontano quello che vogliamo sentirci dire..Nonostante la nostra supponenza essi ci considerano spesso come immaturi pericolosi e benestanti ..credendo e praticando speranza, fede e carità , non capiscono perché non facciamo figli, perché non preghiamo, perché sprechiamo…e tentano di semplificare concetti profondi adeguandoli a quello che pensano essere il nostro linguaggio ed a ciò che conoscono della nostra visione del mondo.
Restano sorprendenti analogie: ci sono un uomo e una donna che vivono in un Eden in cui il Cielo è in Terra, dove non esiste bisogno grazie ad un Dio generoso che chiede solo di non violare il Mistero con uno sguardo considerato inutilmente curioso. Aver violato quell’unico precetto rompe il patto, terra e cielo tornano distanti, e si presenta la necessità di soddisfare bisogni primari. E’ la donna ad aver violato il patto, è l’uomo che ha la responsabilità di programmare e gestire la soddisfazione di tali bisogni. E’ impossibile non notare le analogie con il mito di Adamo ed Eva…ricordando le premesse, azzardo l’ipotesi di una sorta di necessità maschile atta a giustificare un predominio dovuto al mutamento delle condizioni di vita dovute all’abbandono del nomadismo e al consolidamento di un modo di vivere stanziale, che conseguentemente richiede almeno due condizioni: un maggior uso della forza fisica, necessaria per coltivare la terra, erigere manufatti abitativi, fortificare villaggi e difenderli, e compensare il prestigio del ruolo femminile fino a qui momento centrale, essendo il cosiddetto culto della Grande Madre diffuso presso la grande parte delle civiltà antecedenti la rivoluzione neolitica. Penso sia utile ricordare anche l’insorgere di figure autoritarie sempre più incardinate su dogmi, autoreferenziali e svincolate dall’autorevolezza. Re, sacerdoti, condottieri….nasce la piramide del potere, oggettivamente maschilista oltre che patriarcale.
Tornando ai Lobi, la narrazione mitologica appare però meno violenta di quella biblica, sembra quasi proporre una diversità tra l’umano e il divino che presenta almeno un vantaggio: la responsabilità della conoscenza, che è sorella della curiosità..Nella lingua italiana sono entrambi sostantivi femminili…le “stanze” nelle quali i Lobi pongono i loro oggetti sacri, metaforicamente non hanno pareti, ne soffitto…come la stanza immaginata da Gino Paoli nella sua indimenticabile canzone..
- IVAN Bargna, Arte Africana JAKA BOOK 2003 pag. 57
I LOBI
I Lobi sono Animisti, e credono nell’esistenza di geni o spiriti della savana: alcuni sorvegliano gli esseri umani per punirli se commettono azioni negative. La punizione può consistere nel rendere pazzo chi ha sbagliato, o nel farlo ammalare gravemente. Altri spiriti, i Thil, sono invece alleati degli esseri umani, favoriscono la fecondità, la cura e la prevenzione di incidenti e malattie, il raccolto. I geni punitori sono visibili solo da chi subisce la punizione, gli altri possono scegliere se materializzarsi sotto forma di Thila o Bateba. I Thila possono materializzarsi in semplici pezzi di legno, in sassi, pezzi di ferro non lavorati dall’uomo, oppure decidere di essere rappresentati in modo più complesso. In quest’ultimo caso, la persona che riceve la richiesta da parte di un Thil di essere materializzato, deve recarsi da un veggente che tramite un rito religioso riceve le istruzioni da parte del Thil su come vuole essere rappresentato nella sua forma visibile, antropomorfa o zoomorfa. La persona che ha ricevuto da un Thil la richiesta di essere materializzato, dopo aver ricevuto le istruzioni del veggente, si reca da un artigiano specializzato nella costruzione dei Thila, il quale si metterà al lavoro seguendo scrupolosamente le istruzioni ricevute. Il risultato è insieme reliquiario e reliquia, materializzazione del divino. Avendo un ruolo centrale nella vita dei Lobi, i Thila sono onorati, serviti e nutriti anche con sacrifici di sangue. Ogni Thil, in cambio della protezione che fornisce , può esigere, da parte della persona per cui agisce i comportamenti più diversi: che non si cibi più di carne di capra, o che diventi uno scultore di Thila a sua volta , o qualunque cosa , che chiaramente non può essere rifiutata.
Ci sono varie opzioni per poter possedere un Thila: un Thil, incarnato in un animale che è stato ucciso da un cacciatore, può essere posseduto dal cacciatore stesso che comprenderà sua esistenza dal fatto di avere subito una forte emozione durante il contatto con l’animale, oppure può già trovarsi nello stomaco di un animale appena ucciso, sotto forma di ferro destinato al cacciatore. Generalmente comunque i Thil si manifestano attraverso i sogni, chiedendo di essere materializzati. Alcuni Thil vogliono essere incarnati in diversi Thila, destinati a favore la fertilità la protezione da incidenti e malattie, il raccolto, eccetera.
Più generalmente si può dire che i Thila siano la materializzazione degli antenati che decidono, in cambio di un rito propiziatorio, di venire ad aiutare un loro discendente meritevole, come ad esempio un uomo che tratta bene la famiglia, rispetta il padre e la madre e i Thila già presenti in casa.
Essi vengono posti nei tre altari casalinghi : il primo è all’esterno davanti alla porta d’entrata, il secondo sul tetto della casa e il terzo nell’altare all’interno dell’abitazione. Figure a forma di serpente vengono affiancate a Thila più grandi e dalla forma antropomorfa per rafforzare un insieme di forze alleate a protezione delle persone, delle case e dei villaggi.
Si può dire che sono la materializzazione delle forze invisibili di cui l’essere umano ha necessità per affrontare le difficoltà della vita, in perenne contatto con il divino per il tramite degli antenati, che sono stati visibili, poi invisibili e che tornano nuovamente visibili attraverso i Thila. In questo senso essi pongono l’esperienza della morte in una dimensione meno definitiva.
Thila e Bate ba
I Lobi non scolpiscono solo figure antropomorfe - solo queste sono chiamate bate ba - ma anche varie figure di animali : tra le altre iene, antilopi, elefanti, camaleonti serpenti, uccelli . Anch’esse sono collocate nei santuari.
Appartengono alla famiglia dei Thila, esseri soprannaturali che hanno il potere di comunicare con gli esseri viventi e di proteggerli.
Le rappresentazioni degli uccelli sono particolarmente numerose e presenti, sotto forma di sculture in legno nei santuari per ordine dei Thila. “Gli scultori devono essere in grado di scolpire le diverse specie di uccelli in un modo che tutti possano riconoscere immediatamente l'uccello desiderato. Ma perché un Thil vuole che uno di questi uccelli di legno sia presente nel suo santuario? Se il proprietario del thil è minacciato di pericolo mentre, ad esempio, sta lavorando nei suoi campi, visitando i mercati, viaggiando o è lontano da casa, il thil può inviargli questo uccello - non la figura di legno, ma un uccello vivente di questo tipo- che lo avvertirà con il suo specifico grido affinché egli cerchi immediatamente un indovino, da cui imparerà quale pericolo è sorto all'improvviso e come affrontarlo.”
(Meyer, Kunst und Religion der Lobi. Zurich 1981 pag. 113)
The sky in a room…
At the origin of the world there were a couple of humans, and they were giants. The man's name was Koùnn and the woman's name was Khèr. We don't know where they came from. Some say they came down from heaven, others that they emerged from the earth. They had many children and their children stayed with them and got married. They ignored the culture and did not build houses, because they suffered neither hunger nor cold.
To feed themselves, they cut a piece of heaven and cooked it. Heaven was on earth at that time. Thus the children never went hungry. It was Tangba, God, who had authorized them to do so, but on one condition: they should not look at the sky while it cooked! Then they placed the piece of heaven in a carefully closed pottery. One day it was Koùnn's turn to cook, but he had to
leave home because he had to urinate. Then Khèr, devoured by curiosity, took advantage of his absence to lift the lid of the pot. Immediately thunder broke out and the sky fled: it rose, and it has been since then that it has been so high, out of reach of men.
da La brousse, le champ et la Jachère au Burkina Faso, ed. Robin Duponnois and Bernarde Lacombe (Paris: L'Harmattan, 2007)
Thus the Lobi, a splendid and very poor people who live in those countries we call Burkina Faso, Ghana and the Ivory Coast, tell of the origin of the world.
Some premises are necessary: the languages of non-European peoples have an ancient origin and profoundly different from ours: the word is mute (1), sacred and dangerous because it tries to give substance to the Mystery, which is perceived through images intended to evoke states of consciousness.
In this sense, those languages are surprisingly more suited to our time, which is the time of images. I add that this is not necessarily negative: the more we know the functioning of our brain, the more we know that we think images, and not words ... if we do not start from this assumption, every anthropological and cultural analysis is false: it would be like trying to translate a language with wrong vocabulary.
Furthermore, Africans often tell us what we want to hear ... Despite our arrogance they often consider us immature, dangerous and wealthy ... believing and practicing hope, faith and charity, they don't understand why we don't have children, why we don't pray, why we waste … And they try to simplify profound concepts by adapting them to what they think our language is and what they know about our worldview.
Surprising analogies remain: there are a man and a woman who live in an Eden where Heaven is on Earth, where there is no need thanks to a generous God who only asks not to violate the Mystery with a look considered unnecessarily curious. Having violated that one precept breaks the pact, earth and heaven return far apart, and the need arises to satisfy basic needs. It is the woman who has violated the pact, it is the man who has the responsibility of planning and managing the satisfaction of these needs.
It is impossible not to notice the analogies with the myth of Adam and Eve ... recalling the premises, I hazard the hypothesis of a sort of male necessity capable of justifying a predominance due to the change in living conditions due to the abandonment of nomadism and the consolidation of a permanent way of life, which consequently requires at least two conditions: a greater use of physical strength, necessary to cultivate the land, erect residential buildings, fortify villages and defend them, and compensate for the prestige of the female role up to now a central moment, being the so-called cult of the Great Mother widespread among most of the civilizations prior to the Neolithic revolution. I think it is also useful to remember the emergence of authoritarian figures increasingly hinged on dogmas, self-referential and released from authority. Kings, priests, leaders ... the pyramid of power is born, objectively male-dominated as well as patriarchal.
Returning to the Lobi, the mythological narrative appears less violent than the biblical one, it almost seems to propose a difference between the human and the divine that has at least one advantage: the responsibility of knowledge, which is the sister of curiosity. feminine nouns ... the "rooms" in which the Lobi place their sacred objects, metaphorically they have no walls or ceiling ... like the room imagined by Gino Paoli in his unforgettable song ..
- IVAN Bargna, Arte Africana JAKA BOOK 2003 pag. 57
THE LOBI
The Lobi are Animists, and they believe in the existence of geniuses or spirits of the savannah: some supervise human beings to punish them if they commit negative actions. The punishment may consist in making the wrongdoer insane, or in making him seriously ill. Other spirits, the Thil, are instead allies of human beings, they favor fertility, the cure and prevention of accidents and diseases, the harvest. Punishing genes are only visible to those who are punished, others can choose whether to materialize in the form of Thila or Bate ba. The Thilas can materialize in simple pieces of wood, stones, pieces of iron not worked by man, or decide to be represented in a more complex way. In the latter case, the person who receives the request from a Thil to be materialized, must go to a seer who through a religious rite receives instructions from the Thil on how he wants to be represented in its visible, anthropomorphic or zoomorphic. The person who has received from a Thil the request to be materialized, after having received the instructions of the seer, goes to a craftsman specialized in the construction of the Thilas, who will set to work carefully following the instructions received. The result is both a reliquary and a relic, the materialization of the divine.
Having a central role in the life of the Lobi, the Thila are honored, served and nurtured even with blood sacrifices. Each Thil, in exchange for the protection it provides, can demand from the person for whom it acts the most diverse behaviors: that he no longer eats goat meat, or that he become a sculptor of Thila in turn, or whatever, which clearly cannot be rejected.
There are various options to be able to own a Thila: a Thil, embodied in an animal that has been killed by a hunter, can be owned by the hunter himself who will understand its existence from having suffered a strong emotion during contact with the animal. , or it may already be in the stomach of a freshly killed animal, in the form of iron intended for the hunter. Generally, however, the Thils manifest themselves through dreams, asking to be materialized. Some Thils want to be embodied in different Thilas, intended for fertility, protection from accidents and disease, the harvest, etc.
More generally, it can be said that the Thila are the materialization of ancestors who decide, in exchange for a propitiatory rite, to come and help a deserving descendant of theirs, such as a man who treats his family well, respects his father and mother and Thila already present in the house.
They are placed in the three home altars: the first is outside in front of the entrance door, the second on the roof of the house and the third on the altar inside the house. Snake-shaped figures are placed side by side with larger, anthropomorphic Thila to strengthen a set of allied forces to protect people, homes and villages.
It can be said that they are the materialization of the invisible forces that the human being needs to face the difficulties of life, in constant contact with the divine through the ancestors, who were visible, then invisible and which become visible again through i Thila. In this sense, they place the experience of death in a less definitive dimension.
The Lobi not only carve anthropomorphic figures - only these are called bate ba - but also various animal figures: among others hyenas, antelopes, elephants, chameleons, snakes, birds. They too are located in the sanctuaries. They belong to the Thila family, supernatural beings who have the power to communicate with living beings and to protect them.
The representations of birds are particularly numerous and present, in the form of wooden sculptures in the sanctuaries by order of the Thila. “Sculptors need to be able to sculpt different bird species in a way that everyone can instantly recognize the desired bird. But why does a Thil want one of these wooden birds to be present in his sanctuary? If the owner of the thil is threatened with danger while, for example, he is working in his fields, visiting markets, traveling or is away from home, the thil can send him this bird - not the wooden figure, but a living bird of this type- that he will warn him with his specific cry so that he will immediately look for a fortune-teller, from whom he will learn what danger has suddenly arisen and how to deal with it. "
(Meyer, Kunst und Religion der Lobi. Zurich 1981 p. 113)
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