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Ecco la presentazione di MU.Re.A. del 23 novembre 2018

In quanti avranno detto a questi ragazzi, perché di ragazzi pariamo…Cion aveva 23 anni   quando lo hanno ammazzato, Baletta 14 e  U Megu 26 .…in quanti gli avranno detto  lascia perdere, non c’entri, pensa al tuo futuro…in quanti avranno detto a questi ragazzi è non compito tuo, a cosa serve, tanto non cambia niente, tu il mondo non lo cambi…

eppure….

penso che fossero confusi quei ragazzi, perché  di ragazzi parliamo…anche il giudice ragazzino ,  Rosario Livatino,  ricordate, inseguito e ucciso da vigliacchi armati di pallottole e prepotenza impunita, era poco più che un ragazzo… è doloroso constatare come le buone battaglie alla fine chiedano sangue fresco di figli e nipoti e il compito degli adulti dovrebbe essere non arrivare al quel punto, non mettere i ragazzi davanti alla scelta fra tranquillità e futuro…

eppure quei ragazzi, quelli dell’8 settembre, spesso cresciuti a a Dio, Patria e Famiglia…princìpi magnifici declinati in modo osceno…sentimenti radicati nel profondo e quindi  usati per estorcere la disponibilità ad uccidere, a violare l’umanità..cosa c’era nella testa di quei ragazzi, perché di ragazzi parliamo…distanti km da casa, km pesanti…non c’erano le autostrade allora e anche i treni non arrivavano più in orario…quei ragazzi obbligati a scegliere tra la comodità di un angolo buio dove piegare la testa e il mare aperto della pericolosa incertezza della libertà…guardate che per le persone serie libertà non è licenza, è responsabilità, anche a vent’anni, sopratutto a vent’anni..solo che i giovani sono esigenti e spietati, e sgamano immediatamente la spocchia della retorica…quei ragazzi potevano andare con i nazisti e i repubblichini , avere pane , companatico e il potere che ti dà un’arma di cui rispondi solo al tuo capo e non alla tua coscienza…

eppure quei ragazzi,  obbligati a scegliere tra la cupa tranquillità dell’anima e l’ignoto, il mare tempestoso della libertà,  si misero in cammino, sulla strada di casa e strada facendo incontrarono persone che raccontarono loro di un altro mondo possibile, persone che avevano messo a rischio  la loro libertà, la loro tranquillità per la speranza di un altro mondo possibile, antagonista a quello voluto da  chi aveva armato i fascisti affinché difendessero i loro privilegi dando inizio a quel criminale massacro che fu il fascismo:  gli industriali, i  latifondisti che finanziarono con i loro danari l’esercito criminale  delle camice nere con il silenzio complice  di chi aveva la responsabilità del governo, e che l’8 settembre fuggì al sicuro abbandonando migliaia di giovani in divisa che attendevano ordini e un intero paese che attendeva la pace e la serenità . 

Ecco come nacque la Resistenza, ecco come nacque la nostra Italia.

Nacque sulle nostre montagne l’8 settembre del 1943.
  Migliaia di singole coscienze  di ogni colore politico e fede religiosa- persone semplici che volevano solo dignità e futuro e furono abbandonate al loro destino dalle classi dirigenti di quel tempo, scelsero la via dura e pericolosa della speranza rispetto a quella comoda e vile della paura. 

Singoli individui si riappropriarono delle loro libertà organizzandosi in  quei “microcosmi di democrazia diretta” che furono le bande Partigiane, profondamente incardinate sul territorio, sostenute dalla solidarietà dei contadini che le sfamano e diedero loro rifugio, fondate sul rapporto di autorevolezza e fiducia tra i Partigiani e i loro Comandanti. liberamente scelti per autorevolezza e non autorità. 

 Essi furono giuridicamente rivoluzionari, dando vita ad una Carta Costituzionale pagata con il sangue e il futuro di tanti giovani, come i 59 Martiri della Foce ci ricordano. 

Ciò che su quella Carta è scritto non è compiuto, ma anzi messo in pericolo da chi nuovamente cerca di ripristinare il potere della paura sul coraggio della speranza. 
Rinnovare lo spirito dell’8 settembre significa ripartire da questo, dal coraggio e dall’impegno di ogni singola coscienza che abbia a cuore l’idea di difendere e consolidare i principi di libertà, umanità e rispetto che i Partigiani conquistano per noi e che noi dobbiamo preservare per le nuove generazioni. 

I Partiti, o meglio ciò che temo resti dopo il loro suicidio morale, vengono dopo. 
Prima ci sono di nuovo le singole coscienze, nuovamente chiamate, direttamente e singolarmente,  a scegliere tra paura e speranza in quello che penso sia il nostro 8 settembre. 

La Carta Costituzionale non è solo una carta dei diritti, ma della responsabilità, e la responsabilità è sempre personale. 
Inizia nei gesti più semplici e difficili…non arrendersi o peggio non voltare la testa davanti alla banalità del male, alla prepotenza dell’illegalità, piccola o grande che sia… fare il proprio dovere, pagare le tasse, perché lo Stato siamo noi, l’Italia siamo noi, e cammina faticosamente sulle spalle di chi serve lo Stato con coraggio e abnegazione, dei tanti Amministratori Comunali che quotidianamente provano a risolvere piccoli e grandi problemi, del personale delle scuole e degli ospedali , dei volontari delle Pubbliche Assitenze, della Protezione Civile ….  e se chi ha la responsabilità del Governo si comporta come i Porci nell’Itaca di Ulisse cacciamoli…il nostro arco è la Costituzione, che affida al voto l’ultima parola..ma le nostre frecce sono l’impegno diretto e quotidiano nella cosa pubblica, secondo quel modello di democrazia partecipata dal basso che fu la Resistenza…ogni associazione qui presente deve la sua vita a chi in montagna pagò con la propria il nostro diritto ad associarci liberamente..e in questa libera associazione c’è il meglio dell’Italia. Ad ogni associazione dobbiamo il nostro rispetto e il nostro impegno. Ricordiamoci che se arriva un’ambulanza quando ne abbiamo bisogno è grazie a chi su quelle Croci mette volontariamente a disposizione  il suo tempo e la sua passione. 
Chi attacca quelle associazioni, chi le svilisce attacca ognuno di noi.

Il Museo della Resistenza di Albenga e della 1° Zona Liguria parte da qui,   e nasce come Centro studi
 perché è necessario innanzitutto salvare un patrimonio di memoria da chi viene a dirci che in fondo non è vero, non era così grave, magari gli ebrei se la sono cercata, e in fondo Mussolini ha fatto anche del bene, anche oggi ci vuole qualcuno che “glie la canti…” 
Senza memoria non c’è futuro….
Noi ad esempio siamo popolari ma non populisti, orgogliosamente italiani ma non chiusi in un recinto costruito con la paura. Noi non abbiamo mai pensato di usare il Tricolore come carta igenica…i nostri padri lo hanno ripulito da quel marchio di infamia e vigliaccheria che fino al Referendum del 2 giugno 1946 era posto al centro della  nostra Bandiera, noi siamo chiamati ad onorarlo nei fatti..
Quando intoniamo l’Inno Nazionale ricordiamo che  il suo nome è Canto degli Italiani, perché nazione è se è comunità e non il contrario.

La nostra apparenza è forte, sappiamo chi siamo  per questo non abbiamo paura dell’altro. C’è una bellissima parola che mi piace usare spesso: noialtri.
Sembra una parola contraddittoria , chi ha fatto le scuole alte lo definirebbe un ossimoro. eppure la usiamo quando non basta il noi, perché è nel riconoscimento dell’altro che incardiniamo il meglio di ciò che siamo.

Il museo che pensiamo è un “museion” e cioè un tempio destinato a custodire reliquie: la reliquia è letteralmente ciò che resta, la sintesi evocativa,  il meglio …e la funzione delle reliquie è evocare per non dimenticare, evocare per imparare e testimoniando insegnare. 
Attraverso il potere evocativo degli oggetti e delle immagini cercheremo di costruire narrazioni solide ed efficaci. 

Quanto può dirci la borsa da medico di Felce Cascione, che oggi possiamo vedere  grazie al Partigiano Leo che l’ha religiosamente custodita per settant’anni per affidarla oggi a chi può farla parlare della profonda umanità du Megu? Quanto ci potranno dire le migliaia di immagini raccolte nei decenni da Pino Fragalà, ognuna pronta a raccontare un dettaglio, una storia?  
In quelle facce, in quegli sguardi, in quei gesti non c’è solo la testimonianza scolorita di un’epoca passata, ci sono sentimenti profondi che dobbiamo tirare fuori. Le fotografie possono essere un grande archivio della felicità, perché tirano fuori sentimenti…dentro una marea in cammino dietro il feretro di un Partigiano o davanti ad una semplice bara non c’è solo la  rabbia, c’è la riflessione struggente sul perché di quel sacrificio supremo, e se vogliamo, se decidiamo di volere,  c’è speranza, la felicità della speranza. 

Non saranno quindi storie sul come, quelle che cercheremo di narrare,  ma sul perché…o meglio il come - come è morto Cion, come hanno torturato Baletta…ci servirà a capire il perché,  e saranno quindi storie di vita, di morte, di amore, di odio, di coraggio e di vigliaccheria…cioè le storie eterne dell’uomo chiamato a scegliere se vuole vivere come un bruto o seguir virtù e e  conoscenza….storie che scaldano i cuori da sempre, e che fanno crescere in quel calore donne e uomini diritti, capaci ad affrontare le prove della vita 

Cercheremo di costruire un Museo semplice, ma non banale. Leggero come il volo di un uccello, che nella sua semplicità si regge sulla misteriosa complessità della natura.
I soldi sono pochi, anzi saranno quelli che ci aiuterete a 
trovare perché il tempo dei finanziamenti pubblici è finito, e forse è un bene…può essere un’opportunità e non un problema se sapremo essere resilienti oltre che resistenti. 

Ogni mese cercheremo di proporre un evento: la presentazione di un libro, una mostra, un convegno….gli argomenti saranno quelli indicati nella nostra bella Carta Costituzionale…non solo storia quindi ma lavoro, educazione, sanità, etica incardinati sui princìpi scritti con il sangue e la speranza dei Partigiani. 

Avremo bisogno di ciascuno di voi, fin dall’inizio..e non solo di contributi economici ma di impegno personale, perché anche la progettazione fisica degli spazi sarà partecipata, come partecipata sarà la loro creazione. Un luogo resta vivo se nasce da un sogno condiviso e praticato da chi ne ha autenticamente sentito la necessità e l’urgenza. 
Abbiamo avviato contatti, anche importati, per rendere quel luogo adeguato e bello, ma per renderlo vivo servirà ciascuno di voi.
 Il nostro sogno è che diventi la Casa della Memoria degli Ingauni, cioè di noi, una casa sempre aperta a chi con rispetto vorrà conoscerci e farsi conoscere. Una Casa dove coltivare la memoria viva di ciò che siamo, di dove veniamo:  servirà  a capire dove possiamo andare, come possiamo orientarci quando i tempi si fanno bui e la strada diventa difficile e faticosa.  
E sogni tenacemente sognati e condivisi possono diventare realtà. 

Un’ultima cosa : molti di questi ragazzi sono morti sussurrano o gridando un’invocazione: mamma…non c’ è solo retorica in questa affermazione, e tantomeno banalità stucchevole. C’è il profondo riconoscimento del valore misterioso  della vita che le donne sono chiamate a custodire. Lo fanno da sempre con saggezza, con coraggio, con responsabilità e sapienza nonostante siano le prime a pagare il prezzo di questa responsabilità spesso nell’arroganza e nella superficialità mediocre di noi maschi. E anche nella Resistenza il ruolo delle donne venne marginalizzato ma non fu marginale. Per questo il nostro primo atto è costituire una Consulta delle Madri Ingaune composta da quelle donne che oggi sono madri e ieri furono sorelle, figlie, nipoti di Partigiani. Ad esse chiederemo aiuto per orientare le nostre attività. Oggi chiediamo a Bice  Parodi, Staffetta Partigiana di essere la prima Testimone di questo Organismo. 

Lavoreremo anche su una proposta concreta: riconoscere formalmente con una adeguata onorificenza alla Croce Bianca di Albenga il ruolo che ebbe nel periodo fascista. Quando un antifascista era ferito veniva raccolto e curato, anche se questo era vietato e pericoloso. Quando vennero disseppelliti i nostri martiri per dare loro una degna sepoltura i militi della Croce Bianca andarono a prenderli uno ad uno, con le sole attrezzature che avevano: due barelle di legno.
Ecco la memoria che diventa viva, che insegna e ricorda.
Perché i vecchi non dimentichino e i giovani sappiano.


ALBENGA, 23 novembre 2019

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